E se il condominio diventasse "pazzo"? Verso la formazione psicologica dell'amministratore.

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Un titolo volutamente provocatorio che in una parola, virgolettata, richiama ad una serie di avvenimenti che poco hanno a che fare col giuridico o col tecnico ma tristemente veriteri.

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Quante volte assistiamo a diatribe condominiali che ci sembrano surreali, quasi a ricalco dell'ultima puntata di un reality show o degni degli studi di "uomini e donne"? Quanto spesso assistiamo alla guerra fredda tra vicini di casa, che prende forma concreta nella sparizione di zerbini, in occupazione di posti auto altrui, in divulgazione di rumors fantascientifici sul condominio di turno fino ad arrivare, nei casi più creativi, alla consegna di lettere anonime e minatorie infilate con circospezione nelle buche della posta? Ironia a parte, il conflitto in condominio, sia esso tra vicini di casa che tra condomini ed amministratore, sembra ultimamente aver toccato degli apici davvero aspri, con altrettanti tragici epiloghi.

Basti pensare alle ultime vicende lette su quotidiani riguardanti risse tra vicini, liti decennali, talvolta omicidi.

Basti pensare all'episodio di Leicester, dove Kelly Machin è stata uccisa dal vicino e da sua figlia per aver bucato il pallone del bambino di quest' ultima, per l'ennesima volta finito nella sua proprietà.

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Come mai questo succede? Perché una differenza di punti di vista o la stessa convivenza si sclerotizzano in una guerra senza fine?

A ben riflettere, volendo trovare una motivazione comune alla guerra vediamo che su base statistica questa avviene per una questione di proprietà, di confini. Una guerra scoppia perché un confine, sia esso di proprietà o di diritto, è stato violato o si vuole violare.
Guardando all'Europa all'epoca dell'Alto Impero Romano, pensiamo a quante guerre Roma, il condomino dei tempi antichi con la più alta quota di millesimi nel continente, ha portato avanti per conquistare lo spazio di un altro.

Adesso guardiamo con la stessa ottica il condominio moderno. Potremmo supporre che la lite scoppi per la violazione di un confine? Potremmo pensare che i vicini litighino perché non accettano di condividere uno spazio? Oppure perché sentono uno spazio comune come il proprio, sentendosi di conseguenza ''violati'' dall'utilizzo che ne fa un altro condomino che gode dei suoi stessi identici diritti? E potremmo pensare che in tutto questo, l'amministratore venga investito del ruolo del Salvatore che difende a spada tratta il diritto che il condominio reclama oppure del Nemico che non difende e lascia che il suddetto sopruso si perpetri all'infinito?

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La questione è seria e sono stati molteplici le richieste indirette di condomini ed amministratori di una riflessione sulla cosa. E crediamo, sentiamo, che la questione vada affrontata nella sua natura: quella relazionale, psicologica.

Il 3 Articolo del codice deontologico dello psicologo dice:
"Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell'individuo, del gruppo e della comunità[…]".
Ebbene, cosi come abbiamo visto esperti giuristi, contabili, professionisti del settore condominiale occuparsi, per senso di responsabilità e con impegno, di questo argomento seppure non fosse loro dovuto o prescritto in alcun codice di condotta, abbiamo sentito la necessità e la chiamata di rispondere a questa solerzia intraprendendo un percorso di ricerca e di azione volto ad indagare, nella verità dei vissuti di condomini ed amministratori, quali siano le tematiche calde, quali siano i motivi di conflitto così come le soluzioni proposte.

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Abbiamo per questo avviato un'indagine basata su un'intervista grazie alla quale le ''persone'', siano esse condomini o professionisti, possano esprimere le loro emozioni, i loro vissuti e fornire le loro proposte.

Lo scopo? Studiare l'argomento del conflitto in condominio con l'auspicio di operare alcuni cambiamenti nel panorama attuale, attraverso la collaborazione con i rappresentanti di tutte le professionalità che ruotano attorno al mondo condominio.
Concludo esortandoti, caro lettore, ad una riflessione:
E se il condominio, come è oggi, potesse diventare un luogo di collaborazione e aggregazione, di aiuto e di benessere? E se prima di arrivare alla "mediazione" l'amministratore di condominio potesse avvalersi di nozioni psicologiche per operare la " moderazione" in un gruppo?
Un indizio: sbirciando tra le prime risposte all'intervista abbiamo rilevato che il 98% delle persone ritiene che sia utile che un amministratore abbia una formazione psicologica o che uno psicologo prenda parte ad un'assemblea.




Fonte: www.condominioweb.com