L'applicazione dell'IVA sulla tassa dei rifiuti è illegittima. Il Tribunale di Firenze conferma l'orientamento.

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Con l'applicazione della TIA si viene a operare una forma di finanziamento di un servizio pubblico. Da qui la sua natura tributaria, la cosiddetta “tassa di scopo”, e la conseguente non assoggettabilità della TIA ad IVA

“La controversia con cui un contribuente richiede ad una società concessionaria della riscossione dei tributi locali la restituzione della somma corrisposta, a titolo di I.V.A., in occasione del pagamento della Tariffa di igiene ambientale (TIA), spetta alla giurisdizione ordinaria, perché la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed amministrazione, ma un rapporto di natura privatistica fra privati, che comporta un accertamento, meramente incidentale, in ordine alla debenza dell'imposta contestata”. Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Firenze con la Sentenza del 31 ottobre 2017, n. 3505 in merito all'applicazione dell'Iva sulla tassa dei rifiuti.

Si ringraziano gli Avvocati Silvia Polli, Elena Savelli e Simona Meozzi per le gentile segnalazione dell'interessante sentenza in commento

=> Inapplicabile l'IVA alla Tariffa di Igiene Ambientale (TIA)

La questione. Nel giudizio di primo grado, il Giudice di Pace adito aveva condannato la società di gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani del Comune di Firenze alla ripetizione in favore di Tizio dell'Iva indebitamente pagata dallo stesso sulla Tariffa d'Igiene Ambientale (TIA).

A parere del ricorrente, difatti, la detta IVA sarebbe stata indebitamente pagata in quanto in contrasto con i principi consolidati della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione in merito alla natura tributaria della TIA (non assoggettabile ad IVA).

Avverso tale pronuncia, la società di gestione proponeva appello innanzi al competente Tribunale.

In particolare, secondo la società appellante, la sentenza era viziata in quanto la questione doveva essere devoluta alla cognizione del giudice Tributario; pertanto, vi era un difetto di giurisdizione a favore della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze.

Inoltre, nel merito, secondo l'appellante, non sussistevano i motivi per non assoggettare la TIA ad IVA tanto più che l'ordinamento già conosce ipotesi di IVA sul tributo come ad esempio nelle ipotesi delle accise.

Costituendosi in giudizio, Tizio contestava in toto le pretesa della società e insisteva nella conferma della sentenza impugnata.

=> TIA: riconosciuta l'illegittimità dell'IVA che finiva in bolletta

Il meccanismo dell'IVA. Il tributo in oggetto rientrante nella sub-specie delle imposte indirette e colpisce le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o di arti e professioni, nonché le importazioni da chiunque effettuate.

Sebbene inciso di fatto dal tributo sia il consumatore finale del prezzo o del servizio in quanto è su di lui che grava l'aliquota applicata sul prezzo pagato, il contribuente di diritto è l'operatore economico che immette il bene o il servizio sul mercato.

Difatti è quest'ultimo il soggetto passivo del rapporto tributario IVA ovvero colui che versa detto tributo allo Stato, sebbene esercitando la rivalsa nei confronti del consumatore finale. Detto meccanismo comporta la scissione della fattispecie in due segmenti:

  • un primo segmento di natura tributaria tra Amministrazione finanziaria e imprenditore che cede beni o presta servizi;
  • un secondo segmento di natura non tributaria tra l'imprenditore di cui sopra e il consumatore finale inciso di fatto dal tributo secondo il meccanismo di rivalsa obbligatoria.

Il rapporto di natura privatistica e la giurisdizione del giudice ordinario. Sul punto in esame si richiama quanto già sostenuto in giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di IVA, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell'imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitategli in via di rivalsa per effetto dell'applicazione di un'aliquota asseritamente superiore a quella prevista dalla legge(Cass. SS.UU. 2775/2007; conf. 6632/2003, 1147/2000).

Tale principio resta valido anche quando, come nella specie, il debito iva venga totalmente contestato.

Difatti la controversia con cui un contribuente richiede ad una società concessionaria della riscossione dei tributi locali la restituzione della somma corrisposta, a titolo di i.v.a., in occasione del pagamento della Tariffa di igiene ambientale (TIA.), spetta alla giurisdizione ordinaria, perché soggetto passivo dell'imposta è esclusivamente colui che effettua la cessione dei beni o la prestazione di servizi (quindi la società concessionaria) e la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed amministrazione, ma un rapporto di natura privatistica fra privati, che comporta un accertamento, meramente incidentale, in ordine alla debenza dell'imposta contestata" (in tal senso Cass. Civ. Sez. Un. del 28.01.2011, n. 2064 e del 13.06.2012 n. 9597).

Il precedente del Tribunale di Firenze con la sentenza n. 1044 del 29 marzo 2017. In tale precedente è stata riconosciuta l'illegittimità dell'IVA che finiva in bolletta e che l'utente non avrebbe dovuto pagare.

In argomento, il Tribunale fiorentino ha precisato che la TIA copre non solo il servizio fornito ai singoli ma anche quelli forniti alla collettività finanziando per legge anche i costi relativi ai rifiuti di qualunque natura o provenienza che sono sulle strade, aree pubbliche o soggetto a uso pubblico.

Con l'applicazione della TIA, quindi, si viene a operare una forma di finanziamento di un servizio pubblico attraverso l'imposizione dei relativi costi sui gruppi sociali che dagli stessi traggono un beneficio. Da qui la sua natura tributaria: la cosiddetta tassa di scopo (Cass. Civ. del 05/03/2009, n. 5297; Corte Cost. 238/2009).

Il ragionamento del Tribunale di Firenze. Nella sentenza in commento, i giudici fiorentini, richiamando quanto già precisato e consolidato in giurisprudenza di legittimità, hanno evidenziato che la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dall'art. 49 d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 2, non è assoggettabile ad IVA, in quanto ha natura tributaria, mentre l'imposta sul valore aggiunto mira a colpire la capacità contributiva che si manifesta quando si acquisiscono beni o servizi dietro corrispettivo e non quando si paga un'imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente (così Cass., Sez. trib., 2 marzo 2012 n. 3293, e Cass., Sez. VI, 2 marzo 2015 n. 4132).

Sul punto, il Tribunale di Firenze richiama anche quanto sostenuto dalla recente pronuncia della Cassazione del 7 marzo 2017 n. 5627 in cui è stato evidenziato che “non sono assoggettate a Iva le somme versate dagli utenti a titolo di tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) e di tariffa di igiene ambientale (Tia). Pertanto la società che effettua tali servizi deve essere condannata a versare agli utenti quanto richiesto a titolo di Iva). Per le ragioni esposte, gli importi pretesi a titolo di tariffa di igiene ambientale non sono assoggettabili ad I.V.A e ciò perché l'importo preteso e pagato dal contribuente a titolo di tariffa di igiene ambientale altro non è che un'imposta, sia pure “mirata” o “di scopo”, cioè destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il soggetto stesso, ma non un corrispettivo per una prestazione fornita dal prestatore del servizio per conto del Comune.

In conclusione,

in virtù di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale di Firenze (in grado di appello) con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso della Società di gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani. Per l'effetto ha confermato la pronuncia di primo grado in merito alla restituzione dell'Iva pagata dal contribuente.




Fonte: www.condominioweb.com