Delibera condominiale vantaggiosa o svantaggiosa? Non può essere il giudice a dirlo

Non rientra nella competenza dell'Autorità Giudiziaria una valutazione sulla vantaggiosità delle scelte operate dall'assemblea

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Qual è il potere di sindacato dell'Autorità Giudiziaria in merito alla legittimità delle delibere assembleari?

Quanto vasta è la discrezionalità del supremo organismo condominiale e quando ficcanti i poteri di censura dei giudici?

A queste domande, nella sostanza, è stata data risposta dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 20135 pubblicata mediante deposito in cancelleria il 17 agosto 2017.

La pronuncia che esamineremo qui s'inserisce nel solco oramai da tempo seguito dagli ermellini ed in più ha il merito di riepilogare le principali ipotesi di insindacabilità delle decisioni assembleari.

Assemblea condominiale sovrana

L'assemblea può scegliere l'amministratore più caro, l'impresa che chiedere le maggiori somme, se rispetta i dettami dell'art. 1121 c.c., anche deliberare le innovazioni dal contenuto marcatamente gravoso o voluttuario.

Tutte queste decisioni, si è detto per anni in giurisprudenza, non sono impugnabili, a meno che non sia viziate da eccesso di potere.

=> Quando e come risulta viziata da eccesso di potere la delibera

L'eccesso di potere è quel vizio che consente di invalidare una deliberazione assembleare in quanto adottata non nell'ambito del normale esercizio del potere discrezionale, ma in ragione d'interessi extra-condominiali.

Si sceglie la ditta più cara per fare un favore ad uno dei condòmini, ecc.

Quindi, per riepilogare facendo ricorso alle parole dalla Suprema Corte, ferme restando le valutazioni in merito all'eccesso di potere «sulle delibere delle assemblee di condominio degli edifici il sindacato dell'autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità» (Cass. 17 agosto 2017 n. 20135).

=> Nullità delle delibere condominiali e poteri del giudice

Dato questo contesto, sempre secondo la Corte di Cassazione, non rientra nella competenza dell'Autorità Giudiziaria una valutazione sulla vantaggiosità delle scelte operate dall'assemblea in relazione ai costi da sostenere per la gestione delle spese inerenti alle cose ed ai servizi comuni.

L'azione impugnativa ai sensi dell'art. 1137 c.c. - dicono gli ermellini - ha un preciso scopo, ossia quello di stabilire se la decisione assunta dal consesso assembleare sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere del collegio. Nulla di più e nulla di meno.

Il giudice può valutare la correttezza della convocazione, il rispetto del quorum deliberativo, ma non può dire se sia stato opportuno convocare il condòmino con raccomandata a.r. piuttosto che con p.e.c. ovvero se la scelta di un'impresa sia stata peggiore di quella di un'altra.

L'ordinanza in esame, si diceva, ha l'indubbio merito di chiarire con degli esempi l'ambito della discrezionalità condominiale, affermando che sono da ritenersi non sindacabili, tra le altre, le delibere concernenti:

- misura del compenso all'amministratore;

- opportunità della stipula di un contratto d'assicurazione del fabbricato e di conseguenza scelta;

- misura della retribuzione a chi sia incaricato della custodia dell'edificio;

- istituzione di un fondo - cassa per le spese legali

- in generale tutte quelle deliberazioni non dirette a perseguire finalità extra-condominiali.




Fonte: www.condominioweb.com