Amministratori di condominio, mandati sotto tutela

Il manager revocato dall’assemblea prima della scadenza ha diritto a ricevere l’intero compenso pattuito e può richiedere il risarcimento del danno. La Suprema corte sottolinea la necessità di giusta causa e gravi irregolarità per risolvere il rapporto

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L'amministratore condominiale revocato dall'assemblea prima della scadenza del mandato ha diritto a ricevere l'intero compenso pattuito e può richiedere il risarcimento del danno. Quest'ultimo non ha diritto alla stabilità dell'incarico, ma i condomini possono essere esenti da responsabilità soltanto ove la revoca sia fondata su giusta causa, ovvero indicativamente su una di quelle gravi irregolarità che possono portare alla revoca giudiziale ex art. 1129 cc. Questo il principio di diritto portato sotto i riflettori dalla seconda sezione civile della Corte di cassazione nella recente sentenza n. 7874 del 19 marzo 2021, che è utile ricordare perché non sempre del tutto chiaro ai condomini e agli amministratori.

Il caso concreto. Nella specie l'amministratrice di un condominio che era stata revocata dal proprio incarico prima della sua naturale scadenza aveva tutelato i propri interessi in giudizio e il tribunale, in sede di appello, le aveva riconosciuto soltanto il diritto all'integrale corresponsione del compenso a suo tempo pattuito con il condominio. Quest'ultima, non ritenendosi soddisfatta, aveva impugnato la sentenza dinanzi alla Suprema corte, insistendo anche per il risarcimento del danno che, a suo dire, le sarebbe spettato per via dell'applicazione analogica delle norme codicistiche sul mandato.

La natura giuridica del rapporto tra amministratore e condominio. Generalmente il rapporto che intercorre tra il condominio e l'amministratore è sempre stato ricondotto al mandato con rappresentanza (art. 1704 cc), pur differenziandosi da questo per l'obbligatorietà della sua costituzione, nonché per il contenuto e gli effetti. Proprio per questi motivi, si parla, generalmente, di mandato ex lege, in quanto l'origine, il contenuto e gli effetti sono predeterminati dalla legge, mentre la deliberazione assembleare serve sostanzialmente a individuare la persona fisica o giuridica alla quale attribuire le relative funzioni. Questa conclusione è stata confermata dalla legge n. 220/2012 di riforma del condominio che, modificando l'art. 1129 cc in tema di obblighi dell'amministratore, ha operato un generale rimando alle disposizioni sul contratto di mandato.

La revoca dell'amministratore condominiale. L'assemblea condominiale può quindi revocare in ogni tempo l'amministratore, così come può revocarlo l'autorità giudiziaria, su ricorso dei condomini, in caso di gravi irregolarità. L'art. 1129 cc, come è noto, ha provveduto a fornire un elenco di quei casi nei quali si ritiene che la condotta dell'amministratore sia tale da minare in maniera irreparabile il rapporto di fiducia con la compagine condominiale. Detta elencazione non è tassativa, ma intende operare una ricognizione delle ipotesi più frequenti di grave irregolarità. L'art. 1129 cc dispone altresì che in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non possa nominare nuovamente l'amministratore revocato.

Le conseguenze della revoca dell'amministratore. Ci si chiede quindi cosa accada nel momento in cui la maggioranza assembleare decida di risolvere anticipatamente il rapporto con il proprio amministratore.

La disposizione di legge è chiara nel non subordinare ad alcuna motivazione la possibilità dei condomini di recedere anticipatamente dal predetto mandato e nominare un nuovo amministratore. Si parla infatti di recesso cosiddetto ad nutum, cioè libero, nel quale la scelta di porre termine al contratto è rimessa interamente alla discrezionalità di una delle parti.

E questo perché il rapporto di mandato tra amministratore e condomini si basa sulla fiducia (per lo meno della maggioranza di essi), venuta meno la quale non avrebbe più alcun senso procrastinarne la durata.

Questo, ovviamente, non vuol dire che l'amministratore rimanga senza tutele. Una cosa è il diritto dei condomini di sostituirlo a proprio piacimento, un'altra è quella di preservare gli altri diritti dell'amministratore connessi al contratto di mandato.

La decisione della Suprema corte. È proprio su questa questione che si è espressa la Suprema corte nella citata sentenza. Se, infatti, non viene generalmente messo in dubbio che l'amministratore revocato anzi tempo possa pretendere dal condominio il pagamento dell'intero corrispettivo pattuito al momento della nomina (o del rinnovo dell'incarico), maggiori dubbi vi sono in ordine al diritto di vedersi risarciti anche eventuali danni che ne siano conseguiti (ovviamente nei limiti in cui se ne fornisca la prova).

Occorre premettere che l'art. 1725 cc, norma dettata in materia di contratto di mandato, prevede espressamente questa possibilità, con il solo limite che il rapporto sia oneroso. Tuttavia nel caso di specie il tribunale, in funzione di giudice di appello, aveva ritenuto che spettasse all'amministratore revocato soltanto il saldo del compenso fino all'esaurimento del rapporto e non anche il risarcimento del danno, poiché secondo il giudice di merito l'art. 1725 cc risultava inapplicabile al recesso in materia di professioni intellettuali, disciplinato, piuttosto, dall'art. 2237 cc, che si limita a prevedere il solo diritto al compenso per il prestatore d'opera intellettuale.

Sul punto la seconda sezione civile della Cassazione ha al contrario ritenuto che il contratto di amministrazione di condominio non costituisca prestazione d'opera intellettuale, perché l'esercizio di detta attività non è subordinata, come invece richiesto dall'art. 2229 cc, all'iscrizione in apposito albo o elenco (come, per esempio, per gli avvocati, i commercialisti, gli ingegneri ecc.), ma soltanto al possesso di determinati requisiti di professionalità e onorabilità, introdotti dalla legge n. 220/2012, rientrando nell'ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi di cui alla legge n. 4/2013.

Come detto, la disciplina del rapporto contrattuale tra amministratore e condomini deve piuttosto rinvenirsi nelle norme civilistiche sul mandato, ivi incluso il menzionato art. 1725 cc, che riconosce espressamente il diritto al risarcimento del danno in caso di recesso anticipato. Sulla questione si erano del resto già espresse, seppure incidentalmente, le sezioni unite della Suprema corte, con sentenza n. 20957/2004, evidenziando come nel caso dell'amministratore di condominio il mandato si presuma oneroso e sia conferito per un tempo determinato. Di conseguenza, ove la revoca dell'incarico avvenga prima della scadenza del termine di durata contrattualmente previsto, l'amministratore ha diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, al risarcimento dei danni, proprio in applicazione dell'art. 1725, comma 1 cc, salvo che la revoca sia fondata su una giusta causa. Quest'ultima, inoltre, può essere sicuramente individuata tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico ai sensi dell'art. 1129 cc.

Queste conclusioni sono state fatte proprie anche dalla seconda sezione civile della Cassazione. Infatti, considerato che l'art. 1129 cc si preoccupa unicamente di far salvo il potere di revoca dell'assemblea nei confronti dell'amministratore, senza regolarne gli effetti, appare corretto ricorrere per analogia a quelle norme che, in caso di effettivo esercizio di detto potere, differenziano, come appunto l'art. 1725 cc, le conseguenze avendo riguardo alla sussistenza o meno di una giusta causa di recesso.

Fonte: https://www.italiaoggi.it/news/amministratori-di-condominio-mandati-sotto-tutela-2514024