Caduta sulle scale e prova del danno

Il condominio risponde a condizione che il danneggiato sia riuscito a dimostrare il fatto e il nesso di causalità

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In caso di caduta sulle scale il condominio risponde nei confronti del danneggiato in qualità di custode del bene comune. In casi del genere si fa generalmente applicazione della disciplina di cui all'art. 2051 del codice civile, che prevede un'ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del custode per i danni cagionati dai beni che è tenuto a sorvegliare.

Si è soliti osservare come la posizione processuale del condominio-custode sia particolarmente difficile, perché quest'ultimo può andare indenne da responsabilità soltanto ove riesca a dare la prova del c.d. caso fortuito.

Tuttavia spesso si trascura il fatto che, perché ciò accada, il soggetto danneggiato deve preliminarmente provare il fatto dannoso in sé e il collegamento causale con il bene in custodia. E anche questo onere, a volte, non è così semplice da sostenere, come insegna il caso concreto deciso dalla Corte di Appello di Reggio Calabria nella recente sentenza n. 119 dell'1 marzo 2021.

Caduta sulle scale e prova del danno. I fatti di causa.

Nella specie una persona sosteneva di essere caduta sulle scale a causa di una sostanza oleosa presente su un gradino e di essersi quindi procurata delle lesioni.

Poiché, come spesso avviene, tra le parti coinvolte non si era riusciti a individuare una soluzione transattiva, nemmeno a seguito della mediazione presumibilmente svolta prima del giudizio, il danneggiato aveva citato il condominio dinanzi al Tribunale, ritenendolo responsabile dell'accaduto, in quanto custode delle scale, chiedendo il risarcimento dei danni subiti.

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Il giudice di primo grado aveva però respinto la domanda e la relativa sentenza era quindi stata impugnata dinanzi alla Corte di Appello di Reggio Calabria.

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La responsabilità del condominio quale custode dei beni comuni.

Le scale, così come tutti gli altri beni elencati dall'art. 1117 c.c., si presumono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio condominiale.

E' quindi il condominio, in persona del suo amministratore pro tempore, ad averne la custodia ad avere il correlato obbligo di controllo e manutenzione delle stesse onde evitare che l'utilizzo delle stesse generi danno ai condomini o ai terzi.

Come anticipato, in questi casi la disciplina applicabile è quella di cui all'art. 2051 c.c., che prevede un'ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del custode per i danni cagionati dai beni che si trovano nella sua sfera di controllo.

Il carattere oggettivo della responsabilità del condominio-custode comporta che il danneggiato sia tenuto semplicemente a provare il fatto dannoso e il nesso di causalità del danno con il bene in custodia, mentre incombe sul custode l'onere di dimostrare che l'evento si è verificato per caso fortuito (Cass. civ., n. 18319/2019).

Quest'ultimo è inteso dalla giurisprudenza come evento con caratteristiche tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, comprendendo in esso sia il fatto del terzo (si immagini ad esempio che la caduta sulle scale sia stata causata dalla spinta improvvisa da parte di un altro soggetto che vi transitava) sia quello dello stesso danneggiato (si pensi al soggetto che si sia fatto repentinamente scivolare sul corrimano), a condizione che si tratti di circostanze caratterizzate dall'imprevedibilità e inevitabilità, intesi anche essi in senso oggettivo e secondo parametri di regolarità causale, senza che possa assumere alcuna rilevanza il grado di diligenza del custode ( Cass. civ., n. 2480 /2018).

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Si tratta, come pure si anticipava, di un onere della prova particolarmente pesante per il condominio, tanto che il più delle volte si ritiene che in casi del genere non vi sia nulla da fare e occorra rassegnarsi a provvedere al risarcimento del danno al soggetto danneggiato.

L'onere della prova a carico del danneggiato.

Occorre però evidenziare come l'onere difensivo del condominio scatti soltanto allorché il soggetto danneggiato abbia effettivamente provato il fatto dannoso e la sua connessione causale con il bene in custodia.

Non si tratta di una semplice allegazione, in quanto, lo si ripete, occorre fornire la prova di dette circostanze.

In altri termini, non basta assumere, come avvenuto nel caso di specie, che il soggetto sia caduto sulle scale e sia scivolato a causa della presenza su di esse di una sostanza oleosa, ma occorre anche provarlo.

Nel caso approdato alla Corte di Appello di Reggio Calabria il soggetto danneggiato si era offerto di provare dette circostanze per mezzo di testimoni. Tuttavia dal loro esame erano risultate delle evidenze contrastanti.

Una parte dei testi aveva detto di essere in casa al momento in cui sarebbe avvenuto l'incidente ma di non avere udito alcun rumore né richieste di aiuto provenienti dalle scale, come viceversa allegato dal danneggiato.

Un teste che, al contrario, aveva detto di essersi recato sulle scale proprio per andare incontro alle richieste di soccorso che aveva udito dal suo studio, aveva però riferito un orario (pomeridiano) del tutto diverso da quello (mattutino) indicato nell'atto di citazione.

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Meritano soprattutto di essere evidenziate le indicazioni fornite dalla Corte di Appello circa il ricorso da parte del giudice alle presunzioni, strumento che può indubbiamente risultare utile in casi del genere, ma che deve essere maneggiato con cura. L'art. 2727 c.c. consente infatti al giudice di risalire da un fatto noto a un fatto ignoto sulla base dell'id quod plerumque accidit, ossia sulla base di un giudizio di ragionevolezza legato alle possibili conseguenze di un dato evento.

Può essere ad esempio ragionevole ritenere che il guasto improvviso dell'impianto elettrico condominiale che abbia portato allo spegnimento della luce nelle scale in orario serale/notturno possa avere causato la caduta sulle scale del condomino che vi transitava in quel momento.

Infatti nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, ovvero che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza (Cass. civ., n. 14762/2019).

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Ma, come si diceva, entrambi i fatti vanno provati. Infatti, come efficacemente messo in rilievo dalla Corte di Appello, la mancata prova del fatto dannoso e/o del nesso causale tra evento e danno non consente il ricorso al principio della prova presuntiva di cui all'art. 2727 c.c..

Nel caso di specie, infatti, non risultavano provati il fatto dannoso nei termini enunciati nell'atto difensivo (anzi, la circostanze era stata smentita dai testimoni), né il punto e l'ora della caduta, né la presenza di una sostanza scivolosa e non visibile.

Per questo motivo il fatto ignoto non poteva nemmeno essere accertato in termini di probabilità o di ricorrenza secondo regole di esperienza, poiché ciò avrebbe significato riconoscere valore di prova a un fatto (nella specie la caduta) a cui nessuno aveva assistito e, quindi, accertabile solo presuntivamente, in presenza di indizi precisi e concordanti che nella specie risultavano irrimediabilmente mancanti.

Fonte: https://www.condominioweb.com/il-condominio-risponde-del-danno-da-caduta-il-danneggiato-prova.17925