Quando il nostro vicino è uno stalker: la Cassazione affronta ancora una volta il "problema stalking"

Se vicino passa dai semplici dispetti alle vere e proprie molestie reiterate allora commette il reato di stalking

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Secondo l'articolo 612-bis c.p. (Atti persecutori o stalking), salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Alla luce di quanto sopra occorre osservare che la condotta del colpevole consiste nel minacciare o molestare in modo continuato la vittima. Minaccia è la prospettazione di un male ingiusto. Molesto è quel comportamento che si concretizza in un'intrusione nella sfera psichica altrui con conseguente compromissione della tranquillità personale e della libertà morale della vittima.

Le condotte di minaccia o molestie reiterate devono essere poste in essere "in modo da" - alternativamente - a) "cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura", ovvero b) "ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva", ovvero, ancora, c) "costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita".

La realizzazione di uno solo dei tre effetti sopra detti integra il reato.

Per configurare lo stalking però occorre la reiterazione, non basta un solo atto vessatorio nei confronti della vittima.

Il colpevole dovrà agire con dolo (generico), consistente nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia, con la consapevolezza dell'idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.

Il delitto è punito a querela della persona offesa.

In ogni caso la vittima può certamente chiedere il risarcimento dei danni, anche non patrimoniali.

Naturalmente lo stalker può essere anche un condomino che prima inizia ad infastidire il vicino con semplici dispetti ma poi arriva a compiere atti di molestia veri e propri.

La questione è stata recentemente affrontata dalla Cassazione penale nella recente sentenza n. 49269 del 27 dicembre 2022.

La vicenda: quando il nostro vicino è uno stalker

Nel caso esaminato il giudice del merito aveva condannato uno stalker alla pena di 200 euro di ammenda per il reato dell'art. 660 c.p. L'imputato aveva tenuto condotte moleste nei confronti di un vicino di casa; lo stalker pedinava, fotografava, intralciava il tragitto della vittima quando la incontrava per stradarivolgeva al vicino occhiatacce e borbottii. Il giudizio veniva istruito ascoltando anche il figlio della vittima e la moglie dell'imputato.

L'imputato si difendeva facendo presente che il rapporto teso con il vicino nasceva dal fatto che questi gettava in strada cenere e mozziconi di sigarette e batteva abiti sul balcone.

La difesa del condannato si rivolgeva alla Cassazione lamentando quanto segue: un vizio di motivazione in relazione al vaglio dell'attendibilità della persona offesa (sostenendo fosse improbabile che il figlio della vittima, preoccupato per la salute del padre, lo avesse seguito nei suoi spostamenti e avesse scoperto i pedinamenti senza denunciarli); una valutazione errata delle prove a disposizione; la reciprocità delle molestie; la mancanza dell'elemento soggettivo perché l'imputato non poteva rendersi conto che l'affacciarsi sul balcone o incrociare la vittima per strada arrecasse a questa molestia; la mancata concessione della causa di non punibilità ex articolo 131 bis c.p. (e tacciava come spropositata la liquidazione del danno pari a 2500 euro).

La decisione della Suprema Corte

La Cassazione ha ritenuto tutti i motivi di ricorso non fondati. Cosi, ad esempio, i giudici supremi hanno rilevato che la reciprocità dei comportamenti molesti deve essere riferita ai singoli episodi contestati all'imputato, e non al generale rapporto tra questi e la vittima del reato, perché, ricostruendo il sistema diversamente, il subire comportamenti molesti legittimerebbe a quel punto a porne in essere altrettanti in reazione.

Del resto - come riconoscono i giudici supremi - è vero che dagli atti è risultato che la difesa del ricorrente aveva chiesto l'applicazione della causa di non punibilità e che non vi è stata risposta esplicita nel corpo della motivazione della sentenza; tuttavia la Cassazione ha ricordato come la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non possa essere applicata ai reati integrati da condotte plurime, abituali e reiterate, tra i quali rientra il delitto di atti persecutori la cui integrazione richiede la reiterazione della condotta tipica.

Nessuna possibilità di "farla franca" per lo stalker; di conseguenza respinto il ricorso, la Cassazione lo ha condannato al pagamento delle spese legali.

Fonte: https://www.condominioweb.com/quando-il-nostro-vicino-e-uno-stalker-la-cassazione-affronta.20150