La delibera assembleare sui parcheggi non può riconoscere alcuna proprietà esclusiva e non assume valore confessorio

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La delibera emessa dall'assemblea dei condòmini non può accertare l'estensione dei diritti di proprietà esclusiva dei singoli in deroga alla presunzione di condominialità delle parti comuni posta dall'articolo 1117 codice civile.

Né il giudizio di impugnazione del deliberato, volto ad accertare la “riserva di proprietà”, è in grado di spiegare effetti sulla titolarità del bene, salvo l'estensione del contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini.

Tanto è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con Sentenza pubblicata in data 31 agosto 2017

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Il caso. Tizio ha impugnato una delibera assembleare nella parte in cui aveva deciso di “assegnare nei cortili una autovettura per condòmino, senza assegnazione specifica in modo precario e senza recare pregiudizio e/o intralcio ai proprietari dei box, ponendo tutti i condòmini in condizione di esercitare la facoltà concessa dandone esecuzione”.

In particolare, Tizio ha sostenuto che tale delibera fosse in grado di ledere il proprio diritto di proprietà e di uso esclusivo delle rampe carrabili che conducevano ai boxes.

Il relativo diritto all'uso esclusivo dell'area aveva trovato fondamento in un'anteriore deliberazione emessa sempre dall'assise dei condòmini(tale determinazione, invero, è stata ritenuta alla stregua di un “negozio di accertamento”).

In quanto tale, la deliberazione impugnata si poneva in spregio all'asserito “diritto reale” e, pertanto, doveva - secondo il ricorrente - essere invalidata.

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La Sentenza. Dopo un lungo e articolato iter procedimentale, la questione è arrivata, in tutta la relativa portata, avanti ai giudici di legittimità,i quali hanno offerto, al riguardo, la loro interpretazione sul valore di una delibera assembleare che affermi in favore di un condòmino la titolarità esclusiva di una data parte comune.

Ecco la motivazione addotta. La delibera dell'assemblea condominiale che assegna i singoli posti auto ricavati nell'area cortiliva comune, senza però attribuire agli assegnatari il possesso esclusivo della porzione loro assegnata, è validamente approvata a maggioranza, non essendo all'uopo necessaria l'unanimità dei consensi, in quanto essa disciplina le modalità di uso del bene comune, e si limita a rendere più ordinato e razionale il godimento paritario (tra le tante, Cass. Civ. 6573/15).

Per contro, l'assemblea non è in grado di adottare delibere che, nel predeterminare ed assegnare le aree destinate a parcheggio delle automobili, incidano sui diritti individuali di proprietà esclusiva di ognuno dei condòmini, dovendo tali statuizioni considerarsi nulle (cfr, Cass. Civ. 4806/2005).

Ciò posto, l'area esterna di un edificio condominiale, della quale manchi un'espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominiale e sia stato omesso qualsiasi riferimento nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, va ritenuta di presunta natura condominiale (articolo 1117 codice civile).

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La domanda di Tizio, in quanto tale, è stata respinta.

Ed invero. L'articolo 1117 attribuisce ai titolari delle singole unità immobiliari dell'edificio la comproprietà di beni, impianti e servizi – indicati espressamente o per richiamo implicito – in estrinsecazione del principio “accessoriumsequitur principale”, per propagazione ad essi dell'effetto del trasferimento delle proprietà solitarie, sul presupposto del collegamento strumentale, materiale o funzionale, con queste, se manca o non dispone diversamente il relativo titolo traslativo (cfr, ad esempio, Cass. Civ. 5948/1998).

Secondo principi generali, ai fini dell'acquisto a titolo derivativo della proprietà di un bene immobile, non è mai da ritenersi idoneo un negozio di mero accertamento (come una delibera assembleare), il quale può eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non sostituire il titolo costitutivo, essendo necessario, invece, un contratto con forma scritta dal quale risulti la volontà attuale delle parti di determinare l'effetto traslativo.

Ciò significa che, già in astratto, un negozio di accertamento (come la predetta delibera) non può rilevare come titolo traslativo contrario all'operatività della presunzione di condominialità di cui all'articolo 1117 codice civile.

In ogni caso, il Giudice di legittimità ha negato espressamente che una delibera - come quella agitata da Tizio - possa equivalere ad atto traslativo, siccome non è stata adottata espressamente da tutti i condòmini, ma solo da una parte di essi.

Né la dichiarazione di scienza contenuta in un verbale di assemblea condominiale, qualora comporti - come è stato precisato nel caso in specie - il riconoscimento della proprietà esclusiva di alcuni beni in favore di dati condòmini, può avere l'efficacia di una confessione stragiudiziale, quanto meno attribuibile ai condòmini presenti in assemblea, non rientrando, ai sensi dell'articolo 1135 codice civile, nei poteri dell'assemblea, quello di stabilire l'estensione dei beni comuni e delle proprietà esclusive (Cass. Civ. 23687/2009).

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Conclusione (anche con riguardo agli aspetti processuali). Il condòmino che impugni una deliberazione dell'assemblea, la quale abbia individuato ed assegnato gli spazi da adibire a parcheggio delle autovetture condominiali, deducendo che tale assegnazione abbia comportato un'indebita ingerenza in aree del cortile antistante il fabbricato di sua proprietà esclusiva, deve dimostrare il relativo titolo costitutivo, al fine di superare la presunzione della condominialità posta dall'articolo 1117 codice civile.

Poiché, però, la legittimazione passiva nelle cause promosse da uno dei condòmini per impugnare le deliberazioni assembleari spetta all'amministratore del condominio, va sempre considerato che esula dai limiti della legittimazione passiva dell'amministratore medesimo una domanda che sia volta ad ottenere l'accertamento della proprietà esclusiva di un singolo condòmino su un bene altrimenti compreso fra le parti comuni ex articolo 1117 c.c., imponendo tale domanda il contraddittorio processuale di tutti i restanti condòmini (da ultimo, Cass. Civ. 6649/2017).

Quindi, se nel giudizio di impugnazione delle delibere assembleari, ai sensi dell'articolo 1137 codice civile, viene allegata la titolarità esclusiva di un bene che dovrebbe integrare una “parte comune, l'accertamento sulla relativa effettiva titolarità può essere effettuato dal decidente in via meramente incidentale, cioè in modo funzionale alla decisione della causa sulla validità dell'atto collegiale impugnato, ma rimane privo di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli. Tanto è quanto pare essere successo nel caso appena esaminato.




Fonte: www.condominioweb.com