Volete aprire un bed & breakfast in condominio? Ecco le condizioni

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Un fatturato annuo di circa 270 milioni di euro, per 8 milioni di pernottamenti venduti ogni anno.Questo è il quadro che raffigura il fenomeno dei b&b in Italia. Da qui la necessità di far chiarezza sulla normativa di riferimento e sui possibili risvolti pratici, poiché, sovente, l'attività di b&b viene svolta all'interno di un condominio e, come tale, è necessario che vengano rispettate delle regole.

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Partendo dal dato legislativo, la normativa di riferimento dei b&b sul piano nazionale è il Codice del Turismo (D. Lgs. 79/2011), anche se, la regolamentazione vera e propria è affidata alla competenza Regionale [1] , nonché, ancor più nel dettaglio, ai vari provvedimenti comunali.

E i regolamenti condominiali? Quale incidenza possono avere sull'apertura di tali strutture all'interno di un condominio?

Di per sé, il regime del condominio è compatibile con la destinazione di un b&b in quanto non è automaticamente escluso che alcune unità immobiliari vengano utilizzate come b&b ed altre come civile abitazione.

Alcune recenti sentenze nell'affrontare tale questione, si sono inoltre soffermate sulla possibilità di esercitare tale attività ricettiva in presenza di un divieto contenuto nel regolamento di condominio di natura contrattuale.

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Innanzitutto è necessario verificare se all'interno del regolamento condominiale vi siano dei vincoli e/o delle limitazioni che possano vietare di adibire un'unità immobiliare a tale scopo, cioè, se vi sia uno specifico articolo che vieti ai condomini di destinare le singole unità a case famiglia, b&b, affittacamere, pensioni o alberghi.

In tali casi, come sostenuto dalla Cassazione con la sentenza n. 21024 dell'ottobre 2016, la previsione contenuta in un regolamento condominiale convenzionale che ponga dei limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino, deve essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche.

Pertanto, l'opponibilità a terzi acquirenti di tali limiti va regolata secondo le norme proprie della servitù, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, è necessario indicare nella nota di trascrizione le specifiche clausole limitative, non essendo sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale.

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Oltre a tale possibile forma di limitazione, una formula tipica utilizzata nei vari regolamenti condominiali è quella che in modo generico vieta ai condomini di utilizzare le unità immobiliari ad uso ‘diverso da quello abitativo' .

Sul punto, per molto tempo si è interpretato tale limite come un divieto di svolgimento di attività commerciale o di destinazione a magazzino, restando accettate tutte le forme di uso che comportassero il pernottamento nello stabile.

La stessa corte di Cassazione (si può vedere a titolo esemplificativo la sentenza n. 24707 del 20 novembre 2014) aveva ammesso senza restrizioni l'attività di bed and breakfast e affittacamere, ritenendo che tali attività non comportassero un mutamento della destinazione d'uso degli immobili utilizzati come civile abitazione.

Se questo era l'orientamento in passato, recentemente, sembra avvenuto un mutamento di rotta a sfavore delle predette attività. La giurisprudenza, infatti, si è più orientata verso una interpretazione restrittiva della formula, intendendo per “ uso abitativo ” un utilizzo come dimora stabile e abituale e non meramente transitoria come può essere quella dell'attività di bed and breakfast che consiste, invece, nella prestazione di un alloggio per periodo più o meno brevi, in vista di esigenze di carattere, appunto, transitorio.

A cercare di fare chiarezza sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 109 del 7 gennaio 2016, compiendo un ripensamento rispetto al passato, ha stabilito che non si possa destinare un appartamento ad “affittacamere, attività alberghiera o bed and breakfast ove il regolamento di condominio vieti la destinazione delle singole unità immobiliari ad uso diverso da quello abitativo” [2] .

=> Apertura di un breakfast in condominio: tutto dipende dal tipo di regolamento.

Non da ultimo, potrebbero anche rientrare in gioco una serie di ulteriori questioni legate all'apertura di un b&b in un condominio: dal timore di un aumento di costi per maggiore usura di locali e servizi comuni, al timore di una diminuzione della sicurezza dello stabile per l'aumento della frequentazione di un numero imprecisato di ospiti nella struttura ricettiva, all' aumento dei consumi dovuti al cambio di destinazione dell'unità immobiliare ecc. ecc.

Timori, che però, ad uno sguardo più attento si dimostrano essere non fondati, poichè l'avvio dell'attività ricettiva non rappresenta un pregiudizio in re ipsa per gli altri condòmini .

Difatti il b&b non comporta, di per sé, un utilizzo degli immobili diverso da quello delle altre « civili abitazioni » e non può quindi ritenersi automaticamente lesivi per gli altri condomini.

In altre parole, non è detto che il rumore prodotto da uno dei condomini che vivono nell'edificio sia inferiore a quello di uno dei clienti dell'attività ricettiva.

Bisognerebbe, per interrompere l'attività ricettiva, provare quindi in concreto che tale attività arrechi un pregiudizio grave all'intera collettività condominiale (ad esempio tramite verbali della autorità locali), altrimenti,non c'è alcuna presunzione che l'apertura di un b&b in condominio possa provocare disturbo agli altri condomini.

=> Come impedire l'apertura di un B&B in condominio


[1] A seconda della Regione vi sono ad esempio differenze circa il numero massimo delle camere; a titolo meramente esemplificativo: Abruzzo max. 4; Lazio max. 3; Puglia max. 6.

[2] Ulteriori sentenze hanno anche equiparato , per quanto qui interessa, l'attività di b&b con le attività alberghiere e quelle di affittacamere , con ciò estendendo i divieti contenuti nei regolamenti di condominio per l'una o l'altra fattispecie, a tutte quelle dello stesso genere (Cass. 704/2015 e 26087/2010).




Fonte: www.condominioweb.com